Andreassi, ma allora da che parte stai? Sei favorevole o contrario al termovalorizzatore? Quotidianamente vengo assalito da sostenitori e dagli oppositori del termovalorizzatore con questa domanda.
Mi perdonerete però se il tifo tra due opposti schieramenti mi piace solo allo stadio, molto meno in politica, meno che mai sul tema rifiuti.
La gestione dei rifiuti è materia complessa, e da esperto non posso rassegnarmi all’idea che una questione così dirimente possa essere confinata in un sì o un no. Proprio per questo, dobbiamo riportare la discussione su binari razionali e, soprattutto, realistici.
Io ho un obiettivo, tra i principali di quelli per cui mi candido a consigliere regionale del Lazio: riuscire a realizzare la chiusura del ciclo dei rifiuti in ogni parte del Lazio, facendo sì che ogni cittadino usufruisca del miglior servizio di raccolta, che ogni territorio omogeneo sia organizzato per smaltire i propri rifiuti al suo interno col minor impatto ambientale possibile.
Senza scaricare gli svantaggi su altri territori.
Vale per tutti, e vale in particolare per la città di Roma, che deve essere assolutamente in grado di gestire al proprio interno le 1.550.000 di tonnellate di rifiuti che ogni anno produce.
Ora, alla luce di questi dati, partiamo da quello su cui siamo tutti d’accordo: il ricorso alle discariche va minimizzato, perché sono proprio loro la parte maggiormente inquinante dell’intero ciclo. Tanto è vero che l’Unione Europea ha da tempo stabilito che entro il 2035 potrà essere conferito in discarica al massimo il 10% del totale dei rifiuti urbani.
Serve una strategia lungimirante per raggiungere questo obiettivo.
Proviamo a capire insieme quale possa essere quella migliore.
Ad Albano abbiamo raggiunto grandissimi risultati attraverso la raccolta differenziata. Siamo diventati un modello europeo con l’82% di raccolta differenziata. Ma è possibile replicare a Roma lo stesso modello e chiudere il ciclo dei rifiuti solo attraverso il potenziamento della raccolta differenziata?
Io credo che sia molto difficile. Perché la complessità e l’eterogeneità urbana e sociale della Capitale rendono molto complessa questa operazione.
E lo dimostra il fatto che la parte politica che sostiene questa tesi, il M5S – e che oggi si fa paladina della guerra al termovalorizzatore – ha governato per 5 anni senza fare un solo passo avanti nella raccolta differenziata, restando ferma al 40%.
Quindi Roma ha bisogno di un termovalorizzatore? Può servire, certo, anche se da solo non può risolvere tutti i problemi.
Il termovalorizzatore è un anello di una complessa catena fatta di trattamenti preliminari e successivi del rifiuto. Ad iniziare dalla necessità di bruciare un rifiuto che sia il più secco possibile. Dunque avviando una seria politica di separazione della frazione organica. Che potrebbe essere trattata in impianti di digestione anaerobica producendo biometano che sarebbe in grado di alimentare l’intera flotta dei mezzi AMA.
Però Roma non ha ottenuto il finanziamento di 150 milioni di euro richiesto allo Stato per i due impianti di digestione anaerobica dell’umido previsti. E non si hanno notizie di stanziamenti di fondi di bilancio a compensazione di questo mancato finanziamento.
È dunque indispensabile chiarire preliminarmente il complessivo piano dell’impiantistica di tutto il ciclo dei rifiuti.
Un primo punto è certo: come la si veda, sia dal lato del recupero di materia (raccolta differenziata) che da quello della termovalorizzazione (recupero di energia) sia dal lato “misto” di un mix tra le due opzioni, Roma ha un drammatico deficit impiantistico che è la vera causa dell’emergenza in cui versa. E la causa principale di questo disastro va ricercato nella folle politica del “no a tutto” portato avanti nei cinque anni della Raggi, che si è aggiunta alle scelte sbagliate degli anni precedenti.
Chiarita la necessità di una complessiva progettazione del ciclo dei rifiuti nell’ottica della sua chiusura, diviene fondamentale utilizzare le soluzioni maggiormente all’avanguardia.
Ad onor del vero la discussione sulla gestione dei rifiuti a Roma è stata talmente superficiale che non si hanno notizie specifiche sulla tecnologia che si prevede per il termovalorizzatore di Roma. Ed allora, visto che la discussione mi pare ancora aperta, chiarito che gli obiettivi sono gli stessi e che la carenza impiantistica va rapidamente superata, penso sia necessario scegliere le soluzioni tecnologiche maggiormente all’avanguardia.
Oggi nella gestione dei rifiuti i paesi più avanzati si stanno orientando verso il cosiddetto waste-to-chemical, ovvero la produzione di un gas di alta qualità dai rifiuti indifferenziati da cui ricavare materia e più specificamente metanolo, etanolo ma anche idrogeno.
La produzione di materia dai rifiuti ha un riflesso fondamentale proprio sulle politiche di decarbonizzazione e neutralità climatica sostenute dall’Unione Europea se si pensa che con il Waste to chemicals si può potenzialmente arrivare ad azzerare la C02 emessa e cioè contribuire non solo a non aumentare la C02 ma addirittura a ridurla oltre ad evitare l’emissione in atmosfera di fumi caldi che non vengono più prodotti per il semplice fatto che in questo procedimento i rifiuti non vengono bruciati.
Il Waste to chemicals rappresenta in sostanza un’alternativa tecnologica virtuosa che consente di risolvere il problema dello smaltimento e della valorizzazione dei rifiuti senza impattare negativamente sull’ambiente e sul clima.
E questo perchè il “waste to chemicals”, ovvero con il riciclo e/o recupero chimico dei rifiuti rappresenta una evoluzione tecnologica degli impianti che permette di ottenere dai rifiuti plastici e secchi non riciclabili meccanicamente, molecole re-impiegabili come elementi di partenza per nuovi prodotti o carburanti sostenibili. Il “waste to chemicals” non è dunque alternativo ma è complementare agli impianti di riciclo meccanico, in quanto tratta rifiuti che non è possibile recuperare con il riciclo tradizionale. In perfetta sintonia con gli obiettivi del Comune di Roma.
La differenza tra termovalorizzazione e questi impianti di produzione di gas di sintesi da cui ricavare materia non è straordinaria ma straordinariamente diversi sono i risultati. Nella termovalorizzazione avviene una combustione completa di un idrocarburo. Si produce anidride carbonica, acqua e calore e una serie di microinquinanti. Con il calore generato normalmente viene prodotta energia elettrica. In questo caso, invece, l’ossidazione (ovvero la combustione) è parziale e si ferma allo stadio in cui si generano ossido di carbonio e idrogeno, ma anche metanolo ed etanolo e altri gas senza produrre microinquinanti dannosi per la salute. I test scientifici dimostrano che le emissioni in atmosfera si azzerano o quasi con il Waste to chemicals poiché i rifiuti non vengono bruciati. E in più prodotti finali come il metanolo, l’etanolo, l’urea e anche lo stesso idrogeno sono molto richiesti sul mercato e a prezzi sostenuti e potrebbero per questo rappresentare un plusvalore economico rilevante nella gestione degli impianti oltre che nella chiusura del ciclo dei rifiuti.
A Roma, allora, la soluzione complessiva potrebbe essere quella di coniugare a produzione di biometano da parte di impianti di digestione anaerobica dell’umido e la produzione di metanolo, etanolo, idrogeno da parte di impianti di trattamento dell’indifferenziato. Una soluzione sostenibile ambientalmente, all’avanguardia tecnologica, estremamente remunerativa da un punto di vista economico con evidenti benefici sulle tasse dei cittadini.
Peraltro, potrebbe essere attuata con impianti piccoli ed integrati sul territorio. Trovando la condivisione con i territori locali che non si sentirebbero sopraffatti ma, al contrario, valorizzati.
È avveniristico? Affatto. In tutta Europa gli impianti preesistenti si stanno trasformando in impianti per la produzione di gas. E la stessa Unione Europea ha scelto di puntare su questa tecnologia stanziando miliardi di euro per questa soluzione tecnologica. Tanto che duecento milioni circa di fondi PNRR finanzieranno la multinazionale Maire Tecnimont per la realizzazione a Roma di un impianto di questo tipo.
Mi scuso se sono stato lungo, ma non mi candido per urlare degli slogan. Mi candido per dare il mio contributo concreto alla risoluzione dei problemi, su cui ho molto studiato e su cui continuerò a studiare. Perché lo sviluppo tecnologico corre veloce e noi dobbiamo coglierne tutte le opportunità.